cattedrali rurali II

Marco Maria Zanin

In tutti i Paesi europei, durante il novecento accade che l’agricoltura, da settore economico principale, lasci progressivamente spazio all’industria e al settore dei servizi. In alcune aree questo succede molto velocemente, come in Veneto, nel nord est dell’Italia, che negli anni 60 e 70 diventa da una delle regioni più povere, una delle più ricche.
E così, nella fretta di fuggire per sempre dalla ‘condanna’ alla terra, condizione di stenti e di fatica, si crea una profonda rottura tra la millenaria civiltà rurale, con i suoi riti, ritmi, valori etici ed ecologici, e la contemporanea, giovanissima, civiltà industriale e post-industriale.
Le Cattedrali rurali sono le tracce di questa rottura. Non sono edifici religiosi, ma case coloniche dove vivevano le famiglie di contadini che coltivavano la terra; eppure, cattedrali, perché simboli del sacro legame che gli uomini del passato hanno saputo instaurare con la terra. Una relazione antica, da richiamare di nuovo nell’epoca contemporanea.
Luoghi nella nebbia, dove anche nell’offuscamento della mancanza di memoria, c’è una stanza sacra, in cui i suoni sono attutiti, i dettagli e il contesto si perdono, ma possiamo avvertire l’anima delle cose.